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17 ottobre 2018

55° Raduno, alla Corte dei Gonzaga


UN PO’… DI PO

Per questa volta almeno non guardare solo le foto, ma leggimi, ti prego

Fin da bambino mi sono sempre emozionato nell’attraversare il Po. Sarà perché fin dalle scuole elementari se ne favoleggia come “il più grande dei fiumi italiani, esso ha numerosi affluenti, nasce dal Monviso… ecc.”; o sarà per il grande rispetto che avevano per lui don Camillo e Peppone nei film che rivedi ogni volta col groppo in gola; o sarà per il lungo sceneggiato del famoso Mulino sul Po di Bacchelli; o sarà perché nacqui l’anno della grande alluvione. E chi lo sa.

Fatto sta che anche stavolta mi sono emozionato. Ci volevano l’Alberto e il nostro 55esimo Raduno per farmi sentire piccolo piccolo attraversando il grande grande padre Po. Lento serpeggia inesorabile con acque non limpide come il mio Adriatico, nel quale avanza sfacciato trascinando con sé, insieme a tronchi simili a coccodrilli, tanta storia, arte e cultura delle terre da lui baciate. Egli da solo fornisce ai mari italiani un terzo di tutta l’acqua dolce e si lascia navigare (attenti ai “coccodrilli”!), tanto che il mio amico Adriano, detto “Fringuello”, salpò un bel di con la sua batana da Ancona per attraccare, dopo mirabolanti vicissitudini, a Parma con la Banda, il Sindaco e la popolazione in festa ad accoglierlo. Fu tanto tanto tempo fa.

Generoso di sabbie, il padre Po aiutò così il ricco e potente Vespasiano Gonzaga a fondare tra il 1554/1556 e il 1591 SABBIONETA, città fortezza,  obbligato crocevia sia per i traffici commerciali nel medio corso del Po, sia per le comunicazioni tra la bassa bresciana e l'Emilia. Vespasiano ci ha stupito con lo splendido Palazzo Ducale, fulcro dell'organizzazione politica, amministrativa e cortigiana del suo ducato. Abbiamo ammirato le sale d'oro, con la volta di legno dorato e dipinto: al centro del soffitto della saletta dei dardi si nota lo stemma del duca circondato dal collare del Toson d'Oro, conferitogli dal re Filippo II di Spagna; l'originale fu rinvenuto nel suo sarcofago nella vicina chiesa della Beata Vergine Incoronata; la sala delle aquile con le statue equestri lignee (un tempo erano dieci) raffiguranti Vespasiano, il padre Luigi Gonzaga "Rodomonte", il bisavolo Gianfrancesco e Ludovico; la Galleria degli antenati, decorata a grottesche; la sala degli elefanti; la sala dei leoni, con il blasone ducale retto dai due felini araldici; la sala delle città e dell'angelo, con soffitto in cedro che emana ancora il tipico profumo; la sala degli ottagoni e dei grappoli, che ospitavano la ricca biblioteca di Vespasiano.

Mai stanco di incantarci, il Duca ci ha invitato nella Galleria degli Antichi, detta anche  “Corridor grande”, che  fu il contenitore delle collezioni del duca: marmi antichi e anche trofei di caccia provenienti dalle raccolte imperiali di Praga. La decorazione ad affresco delle pareti fu realizzata nel 1587 da Giovanni e Alessandro Alberti, aretini, i quali dipinsero le prospettive dei lati corti e le figure allegoriche delle pareti lunghe. Tralascerò magnanimamente di ricordare all’attento lettore che le opere contenute nella Gallerie sono disperse nel mondo, nei Musei, nelle cantine, un po’ come l’acqua del Po che, dopo il delta, si perde per ogni dove.

Per distrarsi dagli affari, il Duca con la sua corte si sollazzava in Teatro e siccome… poteva spendere, chiamo lo Scamozzi (il Calatrava del tempo) e si fece costruire il TEATRO all’Antica, uno tra i primi esempi tra gli edifici teatrali dell'età moderna: è stato definito dalla storiografia anche teatro moderno per la presenza di elementi innovatori per l'epoca, quali la facciata autonoma, il diversificato sistema d'ingressi, la forma mistilinea della cavea, l'orchestra inclinata, il retropalco dotato di camerini per i comici e per i musici. Uno spazio teatrale in bilico tra tradizione e innovazione che genialmente sintetizzava la culturale teatrale del XVI secolo e si apriva al futuro. La fascia marcapiano mostra la scritta ROMA QVANTA FVIT IPSA RVINA DOCET (Quanto fu grande Roma ce lo dicono le sue rovine). Avevo preparato un brevissimo monologo di circa 45 min. da recitare sul palco e intrattenere gli spideristi ma non ci siamo accordati sul cachet. Sarà per la prossima volta.

Da lì, come un sol uomo, il serpentone Pininfarina forte di 30 equipaggi, salutato il Duca,  si è portato a compiere il sacro e benedetto rito della merenda, alle “Terrazze sul Po” dove, magna che te magna, a bordo piscina, in attesa degli sposi, abbiamo gustato alici di fiume fritte – vera delizia – e polpettine con vini vari dalle accattivanti bollicine. E qui i nuovi soci, sempre graditissimi, hanno brindato con i “vecchi” alla salute dei “Capelli al Vento” (per chi ancora ce li ha).

Ma un altro fiume, affluente comunque del Po, doveva riservarci una emozionante esperienza di… car-trekking: l’attraversamento dell’Oglio su ponte di barche, che mia moglie percorse da bambina tanto tanto tempo fa: dice che non è cambiato nulla, resiste e bene. Vogliamo parlare di altri Ponti italici, tralasciando il Carlo? Soprassederei, che ne dite…

Cena in albergo: ottimi vini, pasta con funghi porcini e brasato al barolo. Dolce e caffè. Tutti via entro le 23, per preparare per l’indomani un convegno sui nutriceutici: quei non-farmaci fatti con le erbette adorati da vegetariani, vegani, no-vax, fuori di testa, studentesse fuori-corso, mogli a dieta, creduloni, boccaloni, sempliciotti e sempliciotte. Infatti la mattina seguente la sala era gremita. Tutti attenti ad ascoltare un disfonico con la panza. Da noi di certi prodotti si dice “purifica, scalcagnifica, te lassa come te trova”.

Domenica mattina bellissima giornata, ottima per una Maratona: la 3^ edizione della corsa su strada competitiva denominata “MantovaTEN”, sulla distanza di km. 10. Morale:  strade chiuse, spider imbottigliate, nessun percorso alternativo, il Luciano sudato fradicio e l’Alberto sulle spine. Dopo un’ora e mezza nel puzzolente traffico mantovano, alfin giungemmo al MUSEO DEI VIGILI DEL FUOCO. D’accordo il fascino delle rosse vetture, delle scale allungabili, delle divise, degli idranti, dell’elicottero, dei modellini, dei mezzi anfibi. Bellissimo tutto. Ma avete sentito con quanto amore, dedizione, orgoglio, passione e sincero attaccamento le due guide hanno cercato di comunicarci come il loro ingrato e faticoso lavoro – poco pagato – sia così indispensabile, drammaticamente inevitabile, sporco, tragico? Gettarsi fra le fiamme, salire precari a 26 metri d’altezza con l’idrante in mano, cercare dispersi sotto le macerie, ricomporre corpi dilaniati, dico: ci rendiamo conto? Quante preghiere dovremmo rivolgere a questi coraggiosi? Quanta gratitudine? Quanto amore? Il Po mi emoziona ma i pompieri forse di più! E infatti il ricordino del Raduno porta a ragione lo stemma dei Vigili del fuoco.

Io, marinaio dell’Adriatico, quando a scuola studiavo le Guerre d’Indipendenza, nemmeno sapevo esattamente dov’erano Goito, Curtatone, Montanara. Adesso che ci sono passato, ripensando a quel fine maggio 1848 e alle due battaglie contro l’invasore austriaco con alla testa quell’antipatico di Radetzky, mi convinco sempre più che non ne fanno più di quei valorosi, fegatosi, coraggiosi italiani che col fucile da caccia andavano a contrastare l’esercito ben armato e addestrato di un impero. Oggi si ha paura di invasori poveracci. Mah.

Ma noi indomiti spideristi, cambiando meta di volta in volta, on the road ancora una volta, guidiamo alla volta di VOLTA MANTOVANA (non ho resistito alla tentazione del calambour, ma solo per questa volta), dominata dalla villa di campagna dei noti Gonzaga:  PALAZZO GONZAGA – CAVRIANI, ove si fermò Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele III e prese un bagno in quella che fu quattrocento anni prima la cappella privata dei Gonzaga, con pregevoli affreschi riemersi in corso di restauro. Gran giardino “all’Italiana”, quiete, aria mite e bel panorama. Nell'ex Casa del Giardiniere, è attivo un punto di degustazione e di ristoro per la promozione delle valenze turistiche ed enogastronomiche del territorio, rinomato per l'eccellenza dei vini locali. Infatti: lasagna alla zucca e amaretti + riso selvaggio con verdure , pollo alle prugne e torta sbrisolona. Andate, andate a mangiare gli insetti in Thailandia, i nidi di rondine in Cina, le schifezze varie in Africa… tanto il posto in cui si mangia ovunque bene ha un nome solo: Italia! La terra della Grande Bellezza. Basta guardare la FIAT 124 sport spider… e ho detto tutto.

                                                                                                          Il Marine dell’Adriatico Sgt. I. “L” Mosk

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